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La cupola di San Donnino. Autore Marco Ramerini
La cupola di San Donnino. Autore Marco Ramerini

Semifonte: una città rivale di Firenze

Scritto da Marco Nannoni.

Ci fermiamo sulla sommità della collina: << San Gimignano! Guardalo. >> e me lo indica con il tipico gesto del braccio col quale facciamo capire che desideriamo mostrare i luoghi che ci stanno più a cuore. Lo si vede benissimo nella luce azzurrina della valle dell’Elsa. In basso ristagnano i vapori del fondo valle che mettono in risalto i contorni di ogni collina e contribuiscono in maniera stupenda a dare il senso di profondità al panorama.

<< Se ci avevo pensato quando siamo passati stamani, era molto meglio. Il sole illuminava le torri dalla nostra parte rendendole più visibili contro la collina scura. Alcune mattine, quando sorge il sole, ed in basso c’è la nebbia, ho la sensazione di vedere un miraggio: sembra una piccola bianca New York sospesa per aria. Mentre ci riposiamo un momento ne approfitto per raccontarti qualcosa, d’accordo?…

SEMIFONTE

Quel ciuffo di cipressi isolato sulla collina di fronte, e dal quale si vede sporgere quella piccola cupola simile a quella del duomo di Firenze, è la cupola di san Michele Arcangelo. Lì, a partire dal millecentoottantadue, sorse la città di Semifonte che fu fondata dai Conti Alberti su comando dell’imperatore Enrico Sesto, figlio di Federico Barbarossa. Fu fondata sui resti esistenti di una torre di osservazione longobarda. I Longobardi decisero di costruire tante torri sia in città che in aperta campagna perché, dopo essere scesi in Italia, si erano resi conto che la conquista di buona parte del territorio italiano era stata facilitata proprio dall’assenza delle torri di avvistamento.

Resti di mura dell'antica Semifonte. Autore e Copyright Marco Ramerini
Resti di mura dell’antica Semifonte. Autore e Copyright Marco Ramerini

I tecnici imperiali la costruirono come “città della geometria”. Fu ideata perché diventasse un centro di potere militare, politico ed economico. Data la sua posizione strategica per il controllo dell’importante sistema viario che interessava la Val d’Elsa fecero il possibile per sfruttare al meglio la topografia della collina. Costruirono le mura quasi a filo dei dirupi che scendono nei campi sottostanti. La rocca centrale era considerata inespugnabile e nell’unico punto più facilmente aggredibile fu costruita la Porta al Borgo dove ora sorge la frazione di Petrognano Semifonte. In questo modo sfruttarono al meglio la favorevole posizione sia per la città che per il “mercatale”, cioè lo spazio riservato al mercato che allora aveva un’importanza fondamentale nella vita di ogni città e di ogni paese.

AL CENTRO DELLE VIE COMMERCIALI

Fatta questa premessa si può facilmente comprendere come Semifonte avrebbe potuto costituire un’insidia sempre più grave per la stessa Firenze e per le altre città guelfe; per i loro commerci e la loro libertà. Ma la prosperità di Semifonte fu di breve durata. Sfruttando la situazione politica, e per mezzo di un abile gioco diplomatico e militare, Firenze riuscì ad isolarla perfino dalla famiglia dei conti Alberti che l’aveva fondata. Fu così che dopo quattro anni di guerra, e con un assedio che durò per ben due anni, ma solo grazie al tradimento, Firenze riuscì ad espugnarla e poi a farla radere al suolo.

Una casa colonica con antiche strutture a Semifonte. Autore e Copyright Marco Ramerini
Una casa colonica con antiche strutture a Semifonte. Autore e Copyright Marco Ramerini

LA CUPOLA DI SAN DONNINO

La cupola che vedi fu fatta edificare alla fine del millecinquecento da un canonico della famiglia Capponi… te lo ricordi vero? Fu proprio durante l’assedio di Firenze da parte delle truppe francesi che un componente di quella famiglia gridò a Carlo Ottavo: “Suonate pure le vostre trombe, che noi suoneremo le nostre campane!” La fece erigere in ricordo di Semifonte e anche per dare una cristiana sepoltura alle ossa che affioravano durante i vari lavori dei campi.

La distruzione della città avvenne nell’aprile del milleduecentodue, da parte dei fiorentini. Oltre che farla radere al suolo, sui libri c’è scritto “appianare”, dagli stessi semifontesi superstiti del lungo e sanguinoso assedio, proibirono “in perpetuo” di ricostruirvi qualsiasi cosa. “Nec domos aut operas in Summofonte” recita la drastica clausola imposta da Firenze. Però sembra che questo divieto fosse limitato alle sole fortificazioni per impedire che in futuro potesse risorgere, da parte di forze anche solo potenzialmente ostili, un nuovo nucleo fortificato che fosse capace di minacciare la sicurezza del sistema viario.

Cupola di San Donnino, Barberino Val d'Elsa. Autore e Copyright Marco Ramerini
Cupola di San Donnino, Barberino Val d’Elsa. Autore e Copyright Marco Ramerini

BARBERINO VAL D’ELSA

Come ti ho già detto per controllare i territori che appartenevano alle varie fortezze distrutte fu fortificato e potenziato Barberino perché fosse un fedele baluardo. Fino allora Barberino era stato solo un “borgo”. Su alcuni libri c’è scritto che Semifonte era solo degna dei canti dei menestrelli di corte, perché, molto probabilmente, non era mai esistita e quindi era da considerare come una città immaginaria.

Ma il grande storico Robert Davidsohn ha scritto: “Il luogo ove infierirono una volta tante pugne feroci, giace da allora abbandonato; nessuna rovina di mura ricorda il breve periodo di floridezza che in cima a quel colle ebbe un giorno una città toscana sotto la bandiera dell’Impero, e soltanto una cappella edificata posteriormente, innalza la sua cupola sulla vetta coperta d’alberi e di cespugli. Eppure il nome della città distrutta vive ancora nella tradizione vecchia di sette secoli, e il popolo narra tutt’ora dell’antica Semifonte come se i congiunti o gli avi l’avessero vista di persona”. >>

Porta Senese, Barberino Val d'Elsa, Firenze. Author and Copyright Marco Ramerini
Porta Senese, Barberino Val d’Elsa, Firenze. Author and Copyright Marco Ramerini

<< Mhm!… Bello! Rende veramente bene l’idea. >> << A dire la verità anche altri storici sapevano che Semifonte doveva essere in un punto imprecisato fra Firenze e Siena, ma dove era veramente sorta non lo sapeva più nessuno, o, se lo immaginava, non riusciva ad essere convincente perché i resti erano molto scarsi e nessuno pensava che i fiorentini l’avessero fatta veramente distruggere con l’accanimento del “pietra dopo pietra”. Pensa!

Ne erano state perse le tracce benché il suo nome compaia addirittura nel sedicesimo canto del Paradiso della Divina Commedia: “… tal fatto è fiorentino, e cambia e merca, che si sarebbe svolto a Simifonti, là dove andava l’avolo alla cerca” (Dante parla di alcuni cittadini superstiti di Semifonte, rifugiatisi in Firenze, che già nella loro città esercitavano l’arte del cambio (banchieri) e della mercatura (mercanti), proprio là dove, durante le notti dei lunghi assedi, i loro antenati facevano la guardia sulle mura della città (andavano alla cerca) per dare ai soldati la possibilità di riposare).

A questo punto bisogna convincersi che i fiorentini l’avevano fatta “appianare” molto bene.

LA RISCOPERTA

È riemersa dalla nebbia dei secoli quando, negli anni Sessanta, è stata scoperta dal colonnello Salvini, dell’Istituto Geografico Militare di Firenze. Questo colonnello era stato incuriosito dai numerosi toponimi che apparivano sulle dettagliatissime carte militari e dai tanti nomi strani di “porte” e “fonti” con i quali i contadini indicavano ancora i poderi e i vari confini dei campi: Case la Porta, Casa Pietraia, Casa la Fonte, Podere Piazza, Poggio Pieve vecchia, Fontana il Marzocco… >>

<< Eeeeh!?… il Marzocco? Ma è il nome del leone che, insieme al più famoso giglio, è l’altro simbolo di Firenze. Come mai prima non ci aveva pensato nessuno? >> << Forse è stato molto più facile pensarci “dopo”. >> << Già! Come sempre. >>

<< Questi ed altri nomi, tramandati da generazioni, divennero improvvisamente utili a chi comprese l’esatta ubicazione della città fantasma. Il lungo e sanguinoso assedio durò più di due anni e per venirne a capo Firenze fu costretta a chiedere il vergognoso aiuto a sei o sette città con le quali era in guerra perenne. Poi, come ringraziamento, vennero tutte sottomesse… Non te ne prendere a male, ma forse è per questo che i tifosi delle città toscane si comportano ancora come i Guelfi e i Ghibellini: fiutano Firenze come “l’antica nemica” e per reazione tifano accanitamente contro la Fiorentina. >>

Sorrido. Mi meraviglio di me stesso: pur abitando a Firenze non mi sono mai chiesto il perché di questa strana e feroce avversione. Non immaginavo che una rivalità sportiva potesse avere radici così lontane nel tempo: radici storiche, quasi millenarie. In effetti bisogna riconoscere che gli abitanti delle città toscane sono sempre sospesi in uno strano rapporto di amore e di odio nei confronti della mia Firenze: amore perché Firenze è pur sempre l’amata Firenze, e odio perché la considerano ancora come “l’antica nemica”.

RIVALITÀ

Dico: << Interessante. Forse non sai che molti tifosi della Fiorentina non comprano le Fiat perché gli Agnelli sono i proprietari della Juve. Poi ci sono quelli che non le comprano per motivi ideologici: per essere “kontro” la famiglia più di spicco del capitalismo italiano. Per i tifosi viola la Juve è il nemico numero uno. Anche se il campionato va a rotoli basta vincere una sola partita contro la Juve che per noi è come aver vinto lo scudetto…

A proposito: che scherzo combinava quel tifoso della Juventus a quelli della Fiorentina quando nel “Bar La Pineta” misero i canali a pagamento per vedere le partite? >> << Semplice: aveva lo stesso modello di televisore che c’era nel bar, si portava da casa il telecomando, si metteva in fondo, in piedi, appoggiato con le spalle al muro e sul più bello, quando per esempio stavano per battere un rigore, un calcio d’angolo o una punizione dal limite, senza farsene accorgere lo spegneva o cambiava canale. Non ti dico poi cosa accadeva… te lo lascio solo immaginare! Ti dico solo che c’erano sempre una cinquantina di tifosi accaniti e che con questo scherzetto fece impazzire anche il proprietario del bar per un bel po’ di tempo. >>

<< So bene che qui in Toscana se una città era guelfa quella vicina sentiva il “dovere” di essere ghibellina, e che, all’interno della stessa città, se una famiglia potente era guelfa, la rivale “per forza di cose” doveva essere ghibellina; non perché i contendenti fossero convinti di un principio o dell’altro, ma solo perché le due bandiere rappresentavano le due parti avverse: nulla più! Se ben ricordo, forse per rendere più avvincente quell’antico “campionato”, i Guelfi non si accontentavano neppure di essere tali: c’erano quelli di “parte bianca” e di quelli di “parte nera”, senza dimenticare che bisognava fare i conti anche con le accanite rivalità fra i rioni cittadini come accade ancora a Siena per il Palio… Di sicuro non si annoiavano. Chiedo: Cosa sarebbe accaduto se Semifonte fosse diventata una città? >>

POGGIO BONIZIO

<< Firenze sarebbe stata tagliata fuori dalle numerose vie commerciali della val d’Elsa. Dopo la caduta di Semifonte, forse Poggio Bonizio, l’antico forte che sovrasta Poggibonsi, sarebbe stato un sicuro candidato a prendere il controllo di quelle vie, ma per non correre questo rischio, anche Poggio Bonizio fu rasa al suolo… A proposito!… Pochi anni fa ne hanno ritrovato le rovine nei campi interni alla cinta muraria della fortezza medicea che sovrasta Poggibonsi. >>

<< Ehi!… È questa la sorpresa di oggi?… Ho indovinato non è vero? >>
<< Non avevo alcuna intenzione di farti una sorpresa. Ti ho invitato a trascorrere con me questa mattinata perché tutte le volte che mi chiedi quanti uccelli ho preso ti meravigli che siano sempre così pochi, e ho voluto farti toccare con mano cosa vuol dire ora andare a caccia. In più mi ero accorto che ultimamente non facevi che pensare all’acquisto dell’auto. Ma, oltre a distrarti, sentirai che mangiarino ci sta preparando mia moglie. >>

Area degli scavi di Poggio Bonizio, Fortezza di Poggio Imperiale, Poggibonsi, Siena. Author and Copyright Marco Ramerini
Area degli scavi di Poggio Bonizio, Fortezza di Poggio Imperiale, Poggibonsi, Siena. Autore e Copyright Marco Ramerini

<< Perché non mi hai mai parlato di questo ritrovamento? >> << Hai la fortuna di andare sempre a giro per tutta l’Italia. Firenze è la città d’arte per eccellenza e non pensavo che ti interessassero ancora queste vestigia minori… Ascoltami bene: un giorno verrete tutti a casa mia. Prima andremo a vedere gli scavi di Poggio Bonizio e poi a vedere le rovine di Castelvecchio che è considerata la Pompei del Medio Evo. È a pochi chilometri da San Gimignano. Non è che sia stato distrutto dalla lava, ma è un paesino medioevale che è stato abbandonato da molti secoli ed è nascosto dagli alberi del bosco. In tutta l’Europa è uno dei pochi paesi medioevali dove è possibile vedere ancora intatto il tessuto urbano. Ti assicuro che ti piacerà e potrai scattare tante foto. >>

MISTERI

Mi indica nuovamente la cupola e riprende: << Pur appartenendo quel canonico a una famiglia molto importante, la deroga all’antica proibizione fu concessa da Ferdinando Primo de’ Medici solo qualche anno dopo la presentazione della domanda. Ma, a mio avviso, come nella leggenda del Cinatti, anche in questa vicenda c’è qualcosa che non torna, e ti spiego perché. Mi sembra strano che nessuno ne sapesse l’esatta ubicazione: nell’archivio della famiglia Capponi, che ora si trova in una qualche biblioteca a Firenze, ma non so in quale, nella “Supplica al Granduca Ferdinando Primo per la costruzione della cupola”, c’è scritto chiaro e tondo che il posto su cui sarebbe sorta la cupola è situato sopra un poggio sul quale sorgeva un castello che si chiamava Semifonte.

Questa notizia è riportata nel libretto “Terra di Semifonte” di Alessandro Vezzosi che è stato direttore del museo “Leonardo da Vinci” a Vinci e che negli anni Ottanta lo ha presentato anche qui a Barberino… Naturalmente io c’ero. In più una mia maestra delle elementari, che abita qui a Barberino, possiede una raccolta di carte geografiche della Toscana che sono state disegnate da un suo bisnonno nel milleottocentoottantaquattro. Nella carta dell’età romana è riportato il nome Summus fons, che significa: Fonte sulla sommità della collina e da cui poi era derivato il nome di Semifonte. Nell’età medioevale è riportato Semifonte e così ai tempi in cui fu disegnata…

San Gimignano di notte. Autore e Copyright Marco Ramerini
San Gimignano di notte. Autore e Copyright Marco Ramerini

Domanda: come mai i cartografi sapevano esattamente dove era e gli storici no? Di queste tre carte mi ha fatto fare le diapositive e se t’interessano te le faccio vedere… Lo sai che molto probabilmente le pietre per le torri e i palazzi furono estratte proprio dalla cava di Spergimoglie, la stessa dove morì Tom per inseguire la lepre? È la più vicina e con la fretta di costruire che avevano non potevano certo permettersi il lusso di andare a prenderle molto lontano. Fu costruita in soli venti anni, ma era diventata già così grande e importante da mettersi a fare addirittura concorrenza a Firenze. I semifontesi, in segno di sfida, dicevano orgogliosamente: “Firenze fatti in là, che Semifonte si fa città.” >>

SAN GIMIGNANO

Rimane un attimo a fissare il panorama: << San Gimignano. Che meraviglia!… Con le sue numerose torri, erano più di settanta, doveva essere davvero la New York del Medio Evo. Le famiglie ricche facevano a gara a costruire quella più alta in modo che, a colpo d’occhio, tutti sapessero quale era la più potente. Nelle immancabili lotte per il predominio chi vinceva “scamozzava” la torre del rivale… Pensa! Era diventato un gioco così serio che per porre fine a quella manìa di grandezza furono costretti ad emanare una legge per impedire che qualcuno ne costruisse una più alta di quella del Comune. È dal millenovecentonovanta che San Gimignano è diventato patrimonio dell’Unesco. >>

Scritto da Marco Nannoni.

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